Violenza Psicologica - Psicologo Desio
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Violenza Psicologica

Violenza psicologica

Violenza Psicologica

Violenza Psicologica Le relazioni che fanno male

Non c’è barriera, serratura o catenaccio che tu possa imporre alla libertà della mia mente. (Virginia Woolf)

La violenza psicologica, orco intangibile a cui è così difficile dare un volto e un nome. Induce chi la subisce ad avere comportamenti e persino convincimenti contro la propria volontà, a sentirsi colpevoli di atti e pensieri mai commessi. Non posso astenermi dall’affrontare un argomento con cui mi confronto troppo spesso.

Chi esercita la violenza psicologica è caratterizzato da una sostanziale indifferenza nei confronti dei sentimenti, degli stati d’animo altrui ed in particolare del disagio e della sofferenza.
Accade che ne siano vittime donne nelle relazioni affettive, ma anche uomini ad esempio vittime di padri aggressivi e manipolatori, e per entrambi i sessi può accadere nei luoghi di lavoro.

La violenza psicologica è difficile da riconoscere

La violenza psicologica infatti è un tema delicato e scivoloso in quanto molto spesso chi la subisce non si accorge di essere una vittima e tende a sottovalutarne la portata, quando addirittura non si convinca di essere colpevole e di provocarla.
Esistono molti segnali per riconoscere la violenza, alcuni sono molto evidenti altri sono più difficili da riconoscere perché subdoli, ambigui e ingannevoli.
Se certe manifestazioni di violenza sono però indubbie, e la violenza fisica ne è chiaramente l’avviso più chiaro e senza appello, ciò nonostante non sempre viene considerata “grave” pensando che “una volta può succedere a tutti”. In realtà non è così, perché come si è visto sempre ad un episodio violento ne seguiranno altri con un percorso ciclico di “pentimento” che seguirà ad un altro momento di violenza.

La violenza psicologica non lascia lividi o cicatrici

Ma una relazione nociva, violenta, non si caratterizza solo ed esclusivamente quando è presente la violenza fisica, sì, questo è un segnale forte ed evidente, chiaro a tutti, più facilmente riconoscibile, anche se, come dicevo, non sempre.
Ma la violenza psicologica è un mezzo per costringere ad andare contro la propria volontà o addirittura per annientare la volontà. È molto più insidiosa e difficile da riconoscere, non lascia segni esterni, lividi, ferite visibili o cicatrici, e per questo sovente viene sottovalutata e considerata una forma di abuso meno grave.

 Non fai caso ai segnali premonitori

Nelle relazioni di coppia per esempio, non ti è mai capitato di sentirti raccontare storie di relazioni lunghe, interminabili dove l’amore sembra essere la chiave magica? Ti accorgi poi che questi rapporti nascondono un’insoddisfazione che spesso si trasforma in frustrazione e sofferenza cronica.
È vero però che non sempre le relazioni che comunemente chiamiamo “tossiche” iniziano male, anzi, per la verità, quasi mai; iniziano nella maniera più normale e piano piano si trasformano. Quasi tutte le forme di violenza psicologica seguono uno schema preciso che inizia con l’isolamento della propria vittima. Questo avviene negli ambiti lavorativi e famigliari in egual misura.
Segnali premonitori ce ne sono sempre, magari una presa in giro, una piccola cattiveria mascherata da un “ma scherzavo…” , quando sei preso dalla fiamma iniziale, non te ne accorgi o, più spesso, non ci fai caso, sottovalutati i segnali e non ne dai la giusta importanza.

VIOLENZA PSICOLOGICA. COME RICONOSCER UNA RELAZIONE TOSSICA?

La prima domanda, semplice, che possiamo farci è: questa relazione mi rende felice?
Se la risposta è no, e ti accorgi di vivere in uno stato di agitazione, di affanno, di ansia e sei preoccupata/o a volte addirittura hai paura, allora è il caso di fermarti e cercare di capire da dove viene tutto ciò.

La seconda domanda è: che cosa provoca la mia ansia e la mia infelicità?
Eventi esterni quali per esempio lavoro, preoccupazioni economiche o altro oppure una relazione “sbagliata”, malsana, che ti sta logorando, da cui non riesci a staccarti e da cui non riesci a difenderti .

La terza domanda è: mi sento al sicuro, posso decidere quello che voglio?

Se sei intrappolato/a e vittima di violenza psicologica, molto probabilmente la risposta sarà: no non posso decidere ciò che voglio.

La quarta domanda è: da quanto tempo sta durando tutto ciò?

Se la prima cosa che ti viene in mente è: da troppo tempo, allora significa che è arrivato il momento che tu prenda in mano seriamente la situazione e concretamente te faccia qualcosa per uscirne

La violenza psicologica si può manifestare in vari ambiti, anche se siamo più spesso abituati a vederla nelle relaziono di coppia, ma sappiamo che ci può essere violenza psicologica anche in un rapporto di lavoro o di un genitore verso un figlio o viceversa.

Quali sono quindi le forme di violenza psicologica che puoi subire e come individuarle?

BOSSING e MOBBING: il bossing è una violenza psicologica che avviene nell’ambito del lavoro dove la violenza e la manipolazione viene esercitata dai capi (boss) nei confronti dei propri subordinati. Attribuendo ad esempio mansioni umilianti o inutili non in sintonia con il ruolo. Il mobbing è una forma di violenza esercitata su un dipendente con l’obiettivo di isolarlo ed indurlo ad allontanarsi dal posto di lavoro.

AGRESSIONI VERBALI:  apprezzamenti pesanti e offensivi anche a sfondo sessuale, attacchi critici, minacce, insulti, accuse, richiami ingiustificati, scherzi.

SVALUTAZIONE:  Innanzitutto la continua e costante svalutazione della persona, ogni sforzo o successo personale è sminuito e sottovalutato, ridicolizzato e non preso in considerazione. Il sarcasmo e la presa in giro sono spesso un’arma utilizzata nella violenza psicologica.

Attacchi continui all’autostima con frasi del tipo:

“questo compito non riuscirai a farlo, non è alla tua portata…”
“quando parli dici un mucchio di sciocchezze”
“sei grassa/o”

un costante denigrare l’aspetto fisico o tratti del carattere sottolineando in continuazione quanto sei inadeguato e incapace.

CONTROLLO:  un’altra caratteristica della violenza psicologica è il controllo, nelle relazioni di coppia, ma anche in altri ambiti quali lavoro o famigliari, chi la subisce deve sempre essere rintracciabile in qualsiasi momento, a tutte le ore.
Non è concesso spegnere il cellulare o non rispondere immediatamente ai messaggi.
Accade spesso che chi esercita violenza psicologica controlli e a volte addirittura gestisca email, messaggi, profili Facebook, Insagram.
Vi sono poi ingerenze, critiche e divieti o costrizioni sul modo di comportarsi e di vestirsi.
Controllo e giudizio delle frequentazioni e delle amicizie.
Nella coppia un’altra forma di controllo può riguardare la gestione economica, controllando conti, movimenti bancari, carte di credito della vittima senza peraltro rendere esplicita la propria situazione finanziaria.

GELOSIA ΙMMOTIVATA:  è una forma di violenza psicologica che criminalizza la vittima facendole credere di avere atteggiamenti provocatori e seduttivi nei confronti degli altri uomini/donne, insistendo sulla presunta scorrettezza dei suoi atteggiamenti.
Si considera il proprio partner una proprietà privata di cui poter disporre in maniera indiscriminata, esercitando su di esso il proprio dominio.
L’atteggiamento diviene sospettoso e controllante nei confronti di qualsiasi comportamento o iniziativa del partner.
La paura della perdita è alla base di questi comportamenti che divengono limitanti e oppressivi per chi li subisce.

Se sono in difficoltà percepisco il sostegno da parte del partner o vivo una situazione di solitudine?
In che misura il mio partner mostra apprezzamento e riconoscimento per i miei successi?

GASLIGHTING: è un termine che deriva da un celebre film degli anni 40 dal titolo Gaslight in cui il marito della protagonista (Ingrid Bergman) cerca di condurla alla pazzia alterando la realtà.
In questo caso la violenza psicologica si manifesta nel cercare di far dubitare di se stessa la vittima, spostando gli oggetti di casa e poi negandolo, o negando fatti ed eventi accaduti e convincendo la persona di essere ripetutamente in errore, di non ricordare, di compiere atti senza rendersene conto.
L’obiettivo primario consiste nel indebolire la vittima, inducendola a dubitare di sé facendole credere di essere pericolosamente squilibrata.

Marisa: “Carlo, mio marito, per un lungo periodo nascondeva le mie chiavi e il mio cellulare, cambiando ogni volta la posizione. Ero sicura di averli lasciati sul tavolo all’ingresso ma lui ogni volta mi diceva: “non ti ricordi, anche questa volta! Non sei più lucida…”
“Mettevo una pentola sul fuoco, lui spegneva il gas e poi mi diceva: “non lo hai mai acceso…”

NEGAZIONE DELLA VIOLENZA:  di fronte ai tentativi di protesta della vittima per i trattamenti ricevuti la reazione è sempre la medesima ovvero una negazione assoluta. La vittima viene incolpata con accuse e rimproveri di avere reazioni eccessive. L’abusante dimostrerà disinteresse e distacco verso le lamentele e il bisogno di comprensione e aiuto perché lo considererà inadeguato ed esagerato.

SILENT TREATMENT o trattamento del silenzio. Si interrompe drasticamente la comunicazione ignorando i tentativi di dialogo. Il silenzio può durare giorni, settimane, in alcuni casi addirittura mesi lasciando la controparte prigioniera di un vuoto senza riuscire a darvi alcun senso.

Francesco: “…accadeva di frequente…non capivo che cosa avessi sbagliato, fatto o detto…per giorni, per settimane mio padre non mi rivolgeva la parola, tra di noi, un precipizio, cadeva un silenzio assordante, senza nessuna possibilità di spiegazione…”

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